Una chimica invisibile che minaccia la nostra salute
Considerate il fiume Po, una delle arterie fluviali più emblematiche d’Italia, recentemente balzato agli onori delle cronache non per la sua storica maestosità, ma per un motivo molto meno nobile: il livello di inquinamento da PFAS, superiore a quello di illustri fiumi europei quali Senna e Tamigi. E se vi dicessi che le verdure irrigate con le sue acque potrebbero non essere così innocue come pensiamo?
I PFAS, acronimo per sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, rappresentano una vasta gamma di composti chimici trovati ovunque: dalle nostre cucine, grazie alle pentole antiaderenti, alla moda, passando per cosmetici e tessuti tecnologici. Pur non essendo illegali in Italia, il loro impatto sulla salute umana è sotto inchiesta, marcando un contrasto inquietante tra l’utilità quotidiana e i rischi per la salute.
Il silenzioso rischio in cucina e oltre
Circa 5000 varianti di PFAS sono al momento conosciute per le loro proprietà idrorepellenti, resistenza termica ed eccellente stabilità chimica, rendendole popolari nell’industria. Nonostante esistano alternative, le implicazioni economiche influenzano la persistenza del loro uso, una decisione non priva di conseguenze. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Airc), ad esempio, ha recentemente classificato alcuni di questi composti come cancerogeni, con l’area di Vicenza in Italia che emerge come una delle più afflitte a livello europeo.
Le conseguenze dell’esposizione a questi composti sono lontane dall’essere trascurabili, riguardando non soltanto il rischio cancerogeno ma anche effetti sulla fertilità, il sistema cardiovascolare ed il sistema immunitario. L’accumulo nel corpo umano di PFAS predispone a una serie di rischi per la salute a lungo termine, con un tempo di “detossificazione” che può estendersi per anni.
A fronte di questa emergenza sanitaria, Greenpeace ha esortato il governo italiano a introdurre una legge che ne vieti produzione e uso, una mossa già contemplata da diversi stati europei. Tuttavia, il cammino verso una regolamentazione efficace appare lungo e tortuoso, ostacolato da interessi industriali e dalla complessità tecnica della sostituzione di tali composti.
La situazione non è però un’esclusiva italiana: il Belgio, ad esempio, registra livelli di PFAS nelle acque sotterranee tra i più alti al mondo, mostrando come la problematica richieda un’azione coordinata a livello internazionale. Ciò che è certo è che l’inquinamento da PFAS non conosce confini, rendendo ogni nazione potenzialmente a rischio.
La battaglia contro il silenzioso pericolo rappresentato dai PFAS è quindi non solo ambientale, ma profondamente umana, una sfida che ci interpella direttamente sul mondo che desideriamo lasciare alle generazioni future. La scienza e la politica devono avanzare insieme in questo frangente, nel tentativo di riequilibrare le esigenze dell’industria con quelle della salute pubblica.
In questo saggio, ho tentato di far luce sull’importanza di considerare attentamente l’impatto dei PFAS sulla nostra vita quotidiana e sull’ambiente, sottolineando come la lotta contro questi composti chimici sia complessa e richieda un’azione concertata a tutti i livelli. Questo problema ambientale globale ci ricorda la fragilità del nostro ecosistema e la necessità di agire responsabilmente per la salvaguardia della nostra salute e di quella del pianeta.