Il riscaldamento globale minaccia l’industria sciistica: il caso del ghiacciaio della Marmolada
Introduzione
Il ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, ha subito una riduzione del 50% negli ultimi 25 anni, secondo le ultime rilevazioni glaciologiche effettuate sul campo. Questo fenomeno, organizzato dal Museo di Geografia dell’Università di Padova, in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano e l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (Arpav), evidenzia una situazione critica che potrebbe avere ripercussioni significative sull’industria dello sci.
Il declino del ghiacciaio della Marmolada
La situazione attuale
Mauro Varotto, responsabile delle misurazioni frontali del ghiacciaio, ha descritto la situazione come “drammatica”. Oltre al generale assottigliamento delle fronti, sono stati registrati ritiri significativi, con un punto di massima regressione che sfiora i 90 metri su base annua. La media di arretramento negli otto segnali frontali è di circa 20 metri in un anno. Questo trend di fusione potrebbe portare la superficie totale del ghiacciaio principale, calcolata in 112 ettari nel 2022 da Francesco Ferrarese, a scendere al di sotto del chilometro quadrato nei prossimi anni. Questo rappresenta una soglia statisticamente importante, essendo la metà della superficie presente nel 2000 e meno di un quarto rispetto al 1900.
Le cause del declino
Questo trend è strettamente legato alla crisi climatica in corso. Mauro Valt, tecnico ricercatore Arpav, ha sottolineato che i ghiacciai lungo tutto l’arco alpino stanno subendo una forte fusione a causa della combinazione di deboli nevicate negli ultimi due periodi invernali e delle alte temperature estive.
Le conseguenze sul settore sciistico
Impatto sull’industria dello sci
Oltre a causare gravi problemi dal punto di vista ecologico, il riscaldamento globale sta portando a un cambiamento sempre più marcato per l’industria dello sci. Alberto Lanzavecchia, docente di Finanza Aziendale all’Università di Padova, ha evidenziato che per ogni grado di aumento della temperatura in quota, la quota sciabile si innalza di 220 metri. Questo sta creando un quadro di insostenibilità per l’industria dello sci, come dimostrato dai bilanci di gestione degli impianti di risalita e dalle necessarie sovvenzioni pubbliche per gli investimenti in impianti a fune e bacini di accumulo dell’acqua.
La necessità di un cambiamento
Nonostante la situazione critica, si sta ancora discutendo sull’opportunità di investire ulteriori risorse per praticare lo snow farming. Tuttavia, secondo Lanzavecchia, sarebbe più opportuno iniziare ad investire in un’economia diversa e più sostenibile.