I benefici del controllo dell’inquinamento atmosferico potrebbero essere molteplici
Un recente studio pubblicato su The Lancet Planetary Health ha evidenziato la possibile connessione tra inquinamento atmosferico e resistenza agli antibiotici. Secondo i ricercatori delle università di Zhejiang e Cambridge, ridurre i livelli di inquinamento atmosferico dannoso potrebbe contribuire a ridurre la resistenza agli antibiotici, portando a una diminuzione dei decessi e dei costi economici derivanti da infezioni resistenti agli antibiotici.
L’analisi condotta dal team di scienziati sino-britannico ha rivelato che l’aumento dell’inquinamento atmosferico potrebbe essere correlato a un rischio più elevato di resistenza agli antibiotici in tutte le regioni del mondo. Inoltre, la relazione tra i due fenomeni si è rafforzata nel tempo, con un aumento dei livelli di inquinamento atmosferico che coincide con un aumento della resistenza agli antibiotici negli anni più recenti.
L’aria è riconosciuta come un percorso diretto per la diffusione della resistenza agli antibiotici, ma finora sono stati raccolti dati quantitativi limitati sui diversi modi in cui i geni resistenti agli antibiotici vengono trasportati attraverso l’inquinamento atmosferico. Alcuni potenziali percorsi includono ospedali, fattorie e impianti di trattamento delle acque reflue che emettono e diffondono particelle resistenti agli antibiotici nell’aria e attraverso le distanze.
Secondo Hong Chen, autore principale dello studio, la resistenza agli antibiotici e l’inquinamento atmosferico sono tra le principali minacce per la salute globale. Ridurre l’inquinamento atmosferico potrebbe non solo ridurre gli effetti dannosi sulla qualità dell’aria, ma anche svolgere un ruolo importante nella lotta contro l’aumento e la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici.
L’abuso e l’uso eccessivo di antibiotici sono i principali fattori che contribuiscono alla resistenza agli antibiotici, ma l’inquinamento atmosferico sembra anche favorire la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici e geni della resistenza. Tuttavia, finora sono stati raccolti dati limitati sull’influenza dell’inquinamento atmosferico da PM2.5 sulla resistenza agli antibiotici a livello globale. Le fonti di PM2.5 includono processi industriali, trasporto su strada e combustione domestica di carbone e legna. Secondo recenti scoperte, nel mondo 7,3 miliardi di persone sono direttamente esposte a livelli non sicuri di PM2.5, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito.
Per comprendere meglio se il PM2.5 è un fattore chiave nella resistenza globale agli antibiotici, gli autori dello studio hanno analizzato un vasto dataset che includeva dati per 116 Paesi dal 2000 al 2018. I dati includevano informazioni sull’uso di antibiotici, servizi igienico-sanitari, economia, spesa sanitaria, popolazione, istruzione, clima e inquinamento atmosferico. I risultati hanno indicato che la resistenza agli antibiotici aumenta insieme al PM2.5, con ogni aumento dell’1% dell’inquinamento atmosferico associato a un aumento della resistenza agli antibiotici compreso tra lo 0,5% e l’1,9%, a seconda dell’agente patogeno. Inoltre, l’associazione tra inquinamento atmosferico e resistenza agli antibiotici si è rafforzata nel tempo, con cambiamenti nei livelli di PM2.5 che hanno portato a maggiori aumenti della resistenza agli antibiotici negli anni più recenti.
I livelli più alti di resistenza agli antibiotici si trovano in Nord Africa, Medio Oriente e Asia meridionale, mentre i livelli in Europa e Nord America sono più bassi. Secondo lo studio, la Cina e l’India sono i Paesi in cui i cambiamenti nel PM2.5 hanno il maggiore impatto sul numero di morti premature causate dalla resistenza agli antibiotici. Nel 2018, la resistenza agli antibiotici derivante dall’inquinamento atmosferico era collegata a circa 480.000 morti premature e a costi economici aggiuntivi per 395 miliardi di dollari.
Il PM2.5 rappresenta l’11% delle variazioni dei livelli medi di resistenza agli antibiotici in tutto il mondo, mentre la spesa sanitaria rappresenta il 10% e i servizi dell’acqua potabile il 3%. Le regioni in cui il PM2.5 ha il maggiore impatto sulla resistenza agli antibiotici sono il Nord Africa e l’Asia occidentale, dove rappresenta il 19% delle variazioni dei livelli di resistenza.
Secondo i modelli futuri presentati nello studio, se non verranno apportate modifiche alle politiche attuali sull’inquinamento atmosferico, entro il 2050 i livelli di resistenza agli antibiotici potrebbero aumentare del 17% a livello globale, con un aumento delle vittime premature legate alla resistenza agli antibiotici che raggiungerebbe circa 840.000 all’anno, con incrementi maggiori nell’Africa sub-sahariana.
Tuttavia, scenari alternativi che includono un aumento della spesa sanitaria, il controllo dell’inquinamento atmosferico, il miglioramento dell’acqua potabile e la riduzione dell’uso di antibiotici potrebbero portare a una significativa riduzione della resistenza agli antibiotici. Ad esempio, l’attuazione di una politica raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità di limitare il PM2.5 a 5 μg/m3 potrebbe ridurre la resistenza globale agli antibiotici del 17% entro il 2050, con una riduzione del 23% delle morti premature legate alla resistenza agli antibiotici e un risparmio economico annuo di 640 miliardi di dollari.
Gli autori dello studio riconoscono che ci sono alcuni limiti nella loro ricerca, come la mancanza di dati in alcuni Paesi a basso e medio reddito, che sono quelli più colpiti dalla resistenza agli antibiotici. Inoltre, il confronto dei risultati tra Paesi dovrebbe essere fatto con cautela a causa delle differenze nei rischi relativi e nella disponibilità di test. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sullo studio dei meccanismi alla base di come gli inquinanti atmosferici e altri fattori influenzano la resistenza agli antibiotici e sulle possibili interazioni tra diversi fattori.